Il primo ricordo e' quasi antico, risale ai miei primi anni di vita. Un cappello in feltro rosso, con la falda calata sugli occhi, il nastro di raso intorno. Lo indossavo su un cappotto doppiopetto blu con la martingala... Camminavo fiera e impettita, l'impatto con l'asfalto fu rovinoso: con le ginocchia insanguinate capii che la moda a volte è anche sofferenza. Avevo all'incirca tre o quattro anni.
Due anni dopo fu l'epoca di un colpo di fulmine:rimasi impietrita davanti alla vetrina, sguardi supplici a mia madre. Lupetto nero, pantaloni scampanati piè-de-coque, giubbetto smanicato in peluche giallo uovo. Completo meraviglioso.Fu mio e lo portai finché riuscii a starci dentro.
Passò il tempo, la moda le scelte. Un' estate verso gli otto anni impazzii per dei sandali in camoscio alla schiava con lunghe stringe da allacciare sino al ginocchio. Li presi in verde salvia, da usare con un giubbetto in filo con inserti in camoscio verde, e rosa polvere. Ero già in evoluzione e non lo sapevo.
Alle medie per un periodo volli vestirmi come il mio personaggio preferito dei cartoons giapponesi. Un genio incompreso. La globalizzazione era ancora lontana da venire e le notizie dal Giappone arrivavano lente. Oggi sarei troppo avanti. All'epoca ero solo troppo. Scema.
Vennero le superiori e tutte le mode del periodo, seguite con grandi sforzi, di fantasia, e qualche sacrificio, economico. L'obbiettivo in quel periodo era avere determinate cose con quelle certe firme. Non c 'era alternativa. L'università invece mi vide già molto più alternativa. Ricordo ancora qualche entrata in facoltà con una minigonna di tulle nero fatta a tutù abbinata alle Doc Martins basse con punta in metallo. Uno shock. Per loro più che per me. E andavo avanti per la mia strada. Anche quell'anno che affascinata da Vogue sfoggiai le calze a rete nere sopra calze colorate abbinate a shorts neri. Perfetta. Chanel.Troppo sopra le righe. Al solito.
Gli anni di frequentazione delle discoteche , sempre sui trend, sempre ad osservare, rielaborare, rilanciare, proporre qualcosa di nuovo, di diverso dal solito,di più estremo rispetto la media. Sono gli anni della ricerca. Ricerca di spiccare, dare l' imput, spaccare. Gli anni delle spedizioni alla Montagnola a Bologna per trovare quel capo unico, diverso, anche vintage, da abbinare alle cose più nuove.
I pellegrinaggi agli spacci aziendali, ai campionari. Sino al capo auto prodotto, tagliato e cucito a mano, prima ancora che a macchina, finito giusto in tempo per la serata. E poi l'arrivo in Italia delle catene di abbigliamento dal Nord Europa e Spagna. La moda pronta, veloce, facile,a prezzi accessibili, le novità non più irraggiungibili.
E poi ancora ricerca, rielaborazione, la voglia di trovare cose nuove, diverse, la non uniformazione. Le innovazioni da Danimarca, Svezia, Norvegia, Spagna. E i piccoli pezzi facili, puliti, di gusto sicuro dei marchi italiani.
Dove sono arrivata, dove voglio andare ora?!???
So che la mia ricerca è solo all'inizio, che ormai vestire è diventato un gioco, una scoperta, una sperimentazione continua, un volo di fantasia. Ecco, credo che questa sia alla fin fine la parola chiave: FANTASIA. CREATIVITÀ potrebbe essere la seconda.CORAGGIO, l'ultima ma non meno importante delle altre. Perché alla fine messe insieme danno il quadro di ciò che sono e voglio oggi. E non mi fermerò qui......